In questo blog intendo offrire una documentazione sulla mia attività nel campo della scrittura e delle arti visive.

Il titolo, La riga delfina, è riferito all'incipit di una mia poesia ("Mio minimo oceano di croci") il cui testo si può leggere in una delle "pagine" qui accanto.


Insulae


INSULAE



Ho trovato davvero deliziose le Insulae collages di Alfonso Lentini e penso che il suo progetto di una mostra “angelica” valga la pena di concretizzarlo, anche se in questo momento tutto quello che è “pittorico” viene considerato con sospetto..

GILLO DORFLES



…Queste “pagine” si pongono come Insulae di una città interiore, caseggiati mentali che occupano uno spazio scontornato, privo di argini, e si presentano come luogo di sdoganamento dell’Uno, zone franche attraverso cui esso prende forma plurale e si scongela nel molteplice: luoghi di tangenza, margini molli che consentono alla lingua dell’Altro di penetrare nel territorio al di qua del limite. Sia pure in forma incerta e frastagliata, sono trasportatori di parole. Anzi sono il calco sbiadito, all’interno del limite, di ciò che si dice oltre il limite, extra moenia. Oltre le mura sunt leones, c’è una terra inesplorata, ma che parla e che forse possiede l’Intero.  
Un Angelo sorvola e fa la spola.
Queste pagine sono dunque un’inchiesta sul rapporto con l’Angelo che, in quanto veicolo dell’Altro, trasmette i suoi messaggi fluidi e smagliati sotto forma di isole linguistiche, parti di un intero imprendibile se non come esperienza drammatica della moltiplicazione infinita. Nate da un periodo di creatività libera e notturna, sganciata da impegni contingenti, le “Insulae” costituiscono inoltre una ricerca sulla permanenza e sul mutamento. Tutte le “pagine” infatti, come i falansteri di una città ideale, hanno le medesime dimensioni e contengono elementi giocati su continui richiami e ripetizioni, eppure ognuna di esse è segnale di trasformazione, diversa da tutte le altre, irripetibile. In questo senso il procedimento si può collegare alle celebri Cattedrali di Rouen di Monet dove lo stesso elemento, la cattedrale, è rappresentato più volte nei diversi abiti di colore e di forme che via via assume in seguito ai mutamenti del tempo e della luce.Insulae, o caselle di un alveare sbilanciato, sono una “biblioteca di Babele” portatile e leggera, priva di aspirazioni sapienziali e disposta invece all’azione liberatoria e straniante del gioco...

ALFONSO LENTINI
  

…In particolare devo dire che sono fortemente coinvolto dalle "lnsulae ", che, in installazioni sempre diversamente adattate ai diversi ambienti, hanno percorso l'Italia intera (e oltre: Olanda, Finlandia...) fra il '99 e quest'anno. Ricordo con emozione d'aver visto in anteprima, mentre ancora le stavi lavorando, queste formelle modulari di carta manipolata, impastata, cucita, incollata, ferita, sgualcita, bruciata, ricostruita, colorata, opaca, luminescente. ..scritta... Una per una raccontano una trionfante oppur drammatica, mai distensiva, tappa, traccia, tacca segnica. Un'isola, appunto: le sue spiagge e le sue terre erose dai flutti, tuttavia emergente da quell'oceano che produsse, nei millenni, e ancora produce qui nelle tue 'operine' la materia della vita. Con i suoi contrasti, le sue rughe, i suoi interminati e indefiniti mutamenti. Storie di metamorfosi acquee, di burrasche e di tese bonacce. Comunque sempre di felici, verdeggianti, sabbiosi o multicolori giardini. Ora rocciosi, ora levigati di spiagge, in attesa di una imprevedibile esplosione materica, sommovitrice di vite e di morti. Morti e vite. Eternali mutazioni.

GIO FERRI










L'angelo di Lentini
recensione pubblicata su "Stilos", inserto culturale del quotidiano La Sicilia,
anno II, n. 5, martedì 25 febbraio 2000

Nell'arco di pochi mesi, dall'agosto 1999 al gennaio 2000, Alfonso Lentini ha presentato i suoi nuovi lavori in tre mostre personali presso diverse sedi espositive: Qal'at di Caltanissetta, Arte in Transito di Roma, Palazzo Crepadona di Belluno.
Le mostre sono costituite da moduli pittorici di 12 x 12 cm, che possono essere visti come pagine di un racconto infinito, come tessere di un'unica e complessa opera visiva, come elementi costitutivi di una costruzione o, forse più probabilmente, come scaglie di ali di lepidotteri o piume coloratissime di angeli. Queste "formelle" sono state installate direttamente sulle pareti degli spazi espositivi che diventano quindi parte integrante di un unico discorso pittorico e narrativo. Completa le mostre l'esposizione di libri d'artista, volumetti in copia unica o in edizione limitatissima, in cui parole e colori si fondono in un'unica affabulazione e che, secondo noi, forniscono la chiave di lettura dell'intera operazione artistica. Che è senz'altro mostra, più che installazione, come giustamente afferma nel suo intervento di presentazione Gaetano Testa, essendo in questo caso l'installazione più che altro un modo diverso di esporre le pagine pittoriche. Ma per Lentini ogni catalogazione è vana, per fortuna. Così parlerei più che altro di un discorso poetico e pittorico che si snoda attraverso centinaia di pagine dipinte "con tenerezza infantile astutissima" (Testa), anche con l'aiuto della figlia Eliana, a cui la mostra è dedicata.
Da tempo Lentini conduce un discorso personale tra le pieghe delle avanguardie artistiche degli ultimi 50 anni e tra i "limina" della parola e dell'immagine, terre di nessuno e di esplorazione, che ora si avvicina alla poesia visiva o concreta, ora alla pittura.
In queste mostre è forse la pittura a prevalere sulla parola, anche se "in questo momento tutto quello che è 'pittorico' viene considerato con sospetto", come afferma Gillo Dorfles parlando dei "collages" di Lentini.

Chi è l'Angelo che Lentini chiama in causa nelle sue opere? Forse ognuno di noi quando esplora i vasti territori dell'immaginazione dove sinesteticamente tutti gli elementi della comunicazione con noi stessi e/o con gli altri diventano Uno. È dai tempi della caduta dell'Angelo di Marc Chagall che non si sentiva così struggente la nostalgia di spazi cis e trans l'intelligibile.
Ecco che le pagine di Lentini possono essere viste come piume policrome di questo angelo che, come tutti i messaggeri, fa la spola tra i vari mondi dell'umano sentire, come scaglie di farfalle che trasportano il polline di impalpabili forme vitali.
Ma sono, inoltre, formelle di un portone di una chiesa interiore o mattoni di un falansterio, abitazione di una città utopica o forse eutopica. Insulae di un arcipelago immaginifero: "Ecco dunque il con-formarsi di queste 'Isole d'angelo', pronte a scomparire dalla visione o pronte a farsi immagine di infiniti sensi, di infiniti luoghi o di mille volti che tracciano scritture che si fanno solco e ombra, vibrazione e luce. Luoghi irraggiungibili della conoscenza, sono luoghi dell'anima quando l'annullamento della sensorialità ci fa gravidi di presenza, a volte", come dice Franco Spena nella presentazione della mostra di Caltanissettta. E Claudio Mazzenga, curatore delle mostre di Roma e Belluno, aggiunge: "Lentini ci offre in tal modo un libro non libro, un testo non testo, delle immagini non immagini, dei multipli non multipli…E le energie di tutte queste opposte polarità esplodono, scagliano materia sulle Isole, sconvolgono i materiali, emozionano i colori…"

I libri d'artista possono svelarci altri aspetti altrimenti sottaciuti. Lentini da anni si dedica all'esplorazione dei confini fra la parola e l'immagine, poesia e pittura. Ha tradotto da pittore le poesie di Campana nella mostra "I colori orfici" (Venezia 1985) e gli scritti di Fernando Pessoa in una collettiva tenutasi a Lisbona nell'abitazione del grande scrittore portoghese (1987), ma da artista ha presentato le sue ricerche - libri solidificati e trasformati in "poesie oggettuali" - in "Alba pratalia" (Feltre 1996) e in "Del visibile parlare" (Agrigento 1997), e, lontano nel tempo, in "Immagini e parole" (Belluno 1982). Una ricerca quasi ventennale e sempre coerente, pur con le variazioni che l'alternarsi degli stati d'animo, degli interessi e degli stimoli culturali comporta.
La cura artigianale, che la fattura di ogni libro esige, annulla d'incanto un millennio, riportando l'Autore a proporci qualcosa come libri manoscritti, incunaboli in cui la parola si fonde con la preziosità delle miniature e così si scopre che i colori predominanti di questi "collages" sono gli stessi dei libri prodotti dagli amanuensi e dai miniaturisti medievali e a questi scritti e a queste miniature, fattisi libro, possiamo applicare le parole di un cabalista, il Cabalista di Lisbona (!) di Richard Zimler: "Non capisco. Angeli… libri…" "I libri si creano con le lettere dell'alfabeto, che sono sacre. Proprio come gli angeli, secondo alcuni. Visto da questa prospettiva - da una finestra della Kabbalah, se volete - un angelo non è che un libro cui è stata data una forma celeste… al quale si sono date ali, per usare una metafora assai comune".
Le mostre, curate a Caltanissetta da Franco Spena e a Roma e Belluno da Claudio Mazzenga, hanno riscosso un ampio successo, come del resto si augurava, convinto della validità del percorso creativo di Lentini, Gillo Dorfles.

Antonio Patti









































































































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